Il Segreto del Lazzaretto di Milano: dove la storia incontra il mistero della Madonna che piange
Passeggiare oggi in via San Gregorio, a pochi passi dalla vivacità di Corso Buenos Aires, significa camminare sulle tracce di una Milano antica, carica di storie dimenticate e segreti sussurrati dal tempo. Qui, tra edifici moderni e traffico incessante, sopravvive un frammento prezioso del Lazzaretto di Milano, l’antico rifugio degli appestati narrato anche da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi.
Il Lazzaretto nacque nel 1488 per volontà di Ludovico il Moro, su disegno del celebre architetto Filarete, in un’epoca in cui Milano cercava disperatamente di arginare le devastanti epidemie di peste. Costruito come un gigantesco quadrilatero di circa 380 metri per lato, ospitava 288 celle, ciascuna dotata di finestre, camino e latrina, una soluzione architettonica avveniristica per l’epoca.
Il suo centro era dominato da una cappella — oggi riconsacrata a San Carlo — mentre tutto intorno correvano canali e fossati, in un sistema pensato per isolare, curare e, purtroppo, anche piangere chi non sopravviveva. Con la peste del 1630, il Lazzaretto divenne teatro di una tragedia immane: sessantamila morti su centotrentamila abitanti.
Col passare dei secoli, il grande quadrilatero mutò volto e funzione: caserma, prigione, scuola veterinaria, quartiere operaio. Nel 1881, il destino architettonico fu segnato: la Banca di Credito Italiano acquistò l’area e il Lazzaretto fu demolito quasi completamente, lasciando pochi resti sparsi tra Milano e dintorni.
Ma non tutto è andato perduto.
Oggi, nascosti dietro un modesto ingresso segnalato da un piccolo cartello su via San Gregorio, sopravvivono otto campate originarie: l’ultimo autentico frammento del Lazzaretto di Milano. Queste antiche strutture sono inglobate nella suggestiva Chiesa Ortodossa di San Nicola al Lazzaretto, un luogo che sembra vivere sospeso tra il mondo terreno e quello spirituale.
Accedendo al cortile interno si apre uno scenario inatteso: un’oasi di pace nel cuore pulsante della città. Sotto gli archi antichi, tra piante rigogliose e candele votive, spiccano decine di icone sacre e crocifissi. In questo angolo di silenzio, il tempo sembra fermarsi.
Ed è qui che il mistero si infittisce.
All’interno della prima cappella, protetta da un baldacchino di velluto rosso, si trova la Madonna che piange: un’icona dipinta da un monaco del Monte Athos e donata alla comunità ortodossa russa. Dal 2010, la Vergine e il Bambino lacrimano un olio profumato, fenomeno inspiegabile che attira curiosi, fedeli e pellegrini da ogni parte del mondo. C’è chi prega in silenzio, chi osserva incredulo, chi sente di aver ricevuto un dono semplicemente varcando quella soglia.
Il Lazzaretto di Milano oggi è dunque molto più di un pezzo di storia: è un luogo vivo, carico di emozioni, dove il dolore antico si mescola alla speranza attuale.
E forse, proprio in quelle lacrime profumate, c’è il segno che la memoria non si perde mai davvero
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